16 marzo 2013 – L’Associazione Culturale Lucrezia Marinelli presenta il documentario 211: Anna (90’, Italia, 2008), sulla figura di Anna Politkòvskaja. Introduce e commenta il filmato Laura Minguzzi
Resoconto della serata a cura di Silvana Ferrari e Laura Minguzzi
211: Anna, film italiano di Giovanna Massimetti e Paolo Serbandini nominato Miglior documentario al David di Donatello 2009 e selezionato al Sundance Festival 2009. Il film ripercorre tutta la carriera di Anna Politkovskaja, dagli inizi accanto al marito, giornalista e conduttore di uno dei primi programmi “liberi” dell’era Gorbaciov, dedicato alla perestrojka, fino alla svolta radicale della sua vita quando comincia a collaborare alla Novaja Gazeta e divorza dal marito.
Il documentario contiene immagini inedite e rare della giovinezza di Anna e propone sue testimonianze filmate nei mesi precedenti il suo omicidio. Negli ultimi tempi stava conducendo un’inchiesta sull’esercito russo di stanza in Cecenia, sulle torture e sulle violazioni commesse nei villaggi ceceni e ripeteva spesso: “E’ un miracolo se sono ancora viva”.
211: Anna non è solo la storia di una vita appassionante ma è anche la chiave per cercare di capire la Russia di Putin. Un numero e un nome danno il titolo del documentario. 211 sono stati i giornalisti e le giornaliste assassinati –e dalla caduta dell’Unione sovietica. E la duecentundicesima vittima è proprio Anna Politkòvskaja.
Cosa ha motivato la regista e il regista a fare questo fim-documentario?
Giovanna Massimetti così mi scrive: “Ho conosciuto Anna P. attraverso i suoi scritti e attraverso la lettura tradotta “in simultanea” dal russo da Paolo Serbandini. Mi sono appassionata a quanto leggevo e ascoltavo. Ma più di ogni altra cosa mi ha spinta la lettura, ascoltata dalla voce di Paolo dell’articolo di Anna “Cronaca della felicità del colonnello Mirinov” apparso sulla Novaja Gazeta nell’ottobre 2001. Il film comincia con la lettura di questo articolo di Anna P. e continua con materiale che Paolo aveva raccolto per altri reportage e documentari, nel 91’ e nel 93’, due interviste ad Anna nel 2003 e nel 2004, i sopralluoghi e i contatti con Aleksandr Politkòvkij, i figli, Larisa e Ilya nel 2007 e finalmente le riprese a Mosca nel 2008. Nella storia che regge la costruzione del documentario resta un segno fortemente cinematografico: una donna e un uomo, entrambi giornalisti, si incontrano, si amano e si sposano giovanissimi. Quando l’astro di lui, protagonista del giornalismo televisivo della perestrojka comincia a declinare, lei prende il volo e non si ferma più, diventando la voce di denuncia più forte contro la politica criminale di Putin, fino alle estreme conseguenze. Attraverso la loro vita abbiamo cercato di raccontare 25 anni di storia dell’Urss e della Russia di oggi.”
Nel Diario russo di Anna Politkòvskaja uscito nel 2007, a cura di Adelphi, tradotto dall’inglese, la giornalista registra giorno dopo giorno come Putin riuscì a farsi rinnovare il mandato per altri cinque anni. Come, con quali mezzi, uomini, strumenti e luoghi è riuscito a restare al potere. A mantenere l’ appoggio del popolo, nonostante le promesse del primo mandato non fossero state mantenute. In primo luogo aveva promesso di porre fine alla guerra in Cecenia e al terrorismo in città. Condizioni di vita migliori per la gente comune e invece …
15 gennaio 2005 ..:”E’ iniziata la protesta delle “restituenti”. Le madri dei soldati caduti in Cecenia, private dei sussidi, hanno rispedito a Putin i 150 rubli (4,50 euro) della compensazione in denaro di alcuni sussidi: l’equivalente di venti biglietti dell’autobus. Perché la verità è che, per combattere in Cecenia, lo Stato usa le carni di chi proviene da famiglie indigenti. Il controvalore di 150 rubli è un’umiliazione e un’offesa, una presa in giro e un insulto alle madri a cui hanno tolto i figli.”
Anna Politkòvskaja, giornalista della Novaja Gazeta, corpo estraneo, voce libera della Russia putiniana è di origine ucraina, il suo cognome è Mazepa. Non è un dettaglio insignificante per la storia russa. Mazepa è stato un famoso atamano, cioè un capo rivoluzionario ucraino che ha combattuto contro l’impero zarista nel ‘700. Nata a N.Y. il 16 settembre 1958 da diplomatici sovietici, muore nell’ascensore del proprio appartamento, uccisa da killer. I mandanti sono ancora impuniti. Sapeva, come tutti coloro che sono mossi da un amore estremo, radicale, senza compromessi per la verità, di essere in pericolo di vita, di rischiare la vita per il suo lavoro di giornalista. La sua tesi di laurea su Marina Cvetaeva ci parla del suo spirito aspro, nemico dei compromessi col potere, amante della verità, cercata sempre in prima persona. Non era una moderata. Una donna affascinante, anche se tragica; aveva due figli, che testimoniano anche oggi del suo coraggio estremo.
“ Lo faccio per i miei figli, di lottare per un paese migliore”. “Non bisogna fare i funghi.” Non accettava la posizione del fungo che tenta di nascondersi sotto una foglia, “ ma lo vedranno comunque, lo raccoglieranno e se lo mangeranno”.
Nel film vediamo le immagini di Anna che va in Cecenia e parla con la gente comune, con le donne, con i civili, oggetto dei soprusi e delle torture dell’esercito, a caccia di terroristi nei villaggi. Intervista Ramzàn Kadyrov, figlio del presidente assassinato Achmèt, attuale presidente-rappresentante-fantoccio del governo russo in Cecenia, pupillo di Putin e da come lo descrive pare di essere in un harem fortificato. Un uomo feroce, incompetente circondato da guardie del corpo armate fino ai denti e pieno di paura. Deve combattere il terrorismo e vive nel terrore di essere scovato dai guerriglieri ceceni. Vediamo Anna a Mosca al teatro Dubròvka nel 2003, quando cerca di dialogare con le giovani terroriste, che la conoscono, nel sequestro che diventò una strage di innocenti. Nessuno conosce ancora oggi il numero delle vittime gasate da Putin in quel teatro. Nel 2004 ecco le immagini di Anna quando parte per Beslàn e tenta di porsi come mediatrice ma subisce un tentativo di avvelenamento durante il viaggio e non riesce a raggiungere la scuola. Ha denunciato le collusioni fra governo, esercito e magistratura. Ha collaborato con Memoriàl, una associazione non governativa, di informazione e di sostegno alle donne in Cecenia. Nel 2009 scompare una sua amica giornalista, Natàlja Estemìrova, una delle –dei 211, che stava indagando sulla sparizione di giovani donne cecene dai villaggi. Vengono rapite quando si sospetta che qualche familiare appartenga alla resistenza armata, di solito uccise dopo aver subito violenze. Lei stessa fu rapita nel luglio del 2009 da quattro sconosciuti che l’hanno prelevata alle otto e trenta del mattino, caricata su una Lada bianca. L’hanno ritrovata nel pomeriggio in un bosco a 100 metri dalla strada federale Caucaso, giustiziata con parecchi colpi di pistola alla testa. Aveva 51 anni ed era per parte materna di origini cecene. Lavorava a Grosnyj come insegnante, prima di dedicarsi alle inchieste giornalistiche per Memoriàl.
Nel film durante un’intervista Anna pronuncia una frase molto significativa. Dopo un lungo silenzio di profonda concentrazione interiore dice: “Il mio lavoro e il mio impegno in Cecenia mi hanno cambiata, non sono più quella di prima e non posso più farne a meno. Mi hanno migliorata.”
Anna Politkòvskaja con le sue inchieste colpiva al cuore e metteva a nudo la cosiddetta verticale del potere di Putin, così lui definì l’abolizione delle libere elezioni dei governatori delle regioni russe che oggi sono decisi dall’alto, cooptati in nome della stabilità e della sicurezza.. E questo il regime non lo sopporta. Il 10 ottobre 2006 al suo funerale accorsero più di mille persone.. Aveva solo 48 anni.
Alla fine di febbraio di quest’anno è terminato il processo dopo sei anni di rinvii e lungaggini ed il primo colpevole, l’ex-ufficiale di polizia Dimitry Pavluchenkov, è stato condannato a undici anni di carcere per il suo attivo coinvolgimento nell’omicidio su commissione della giornalista, uccisa il 7 dicembre 2006. Gli altri cinque indagati fra cui i tre fratelli ceceni Makhmudov (Rustam, Ibrahim, e Dzhabrail), Lom-Ali Gaitukayev, zio dei tre fratelli e boss di una banda cecena e l’ex-dirigente della polizia moscovita Sergej Khadzikurbanov sono nuovamente sotto processo. Gli esecutori materiali del delitto sono stati accertati. Resta da scoprire chi sono i mandanti dell’omicidio di Anna Politkòvkaja.