Regia di Francesca Comencini
Recensione di Giuliana Borgonovo
Quando vedo qualche film o documentario sulla classe operaia mi prende una grande commozione. La classe operaia fa parte della mia vita, il paese dove sono nata e cresciuta, Sesto San Giovanni, è stato il luogo per eccellenza delle fabbriche.
Io, e credo molte altre persone, sapevo riconoscere il suono delle sirene che scandivano i turni e capire da questo che ora era.
Il film di Francesca Comencini , attraverso filmati di altri registi, ritrae una classe operaia che ho conosciuto, lavoratrici e lavoratori che, con grande dignità e orgoglio del proprio lavoro, giorno dopo giorno, hanno contribuito a costruire questo paese. Immagini ormai lontane fatte di biciclette, di uomini in tuta blu e basco che silenziosi attraversavano vie deserte al mattino presto, nel buio verso il posto di lavoro. Mogli che si alzavano prima dei loro mariti per preparare il cibo da portare in fabbrica. Operaie che a loro volta facevano i turni, anche se a loro veniva risparmiato il turno di notte. Contente di riuscire a stare nel cottimo, e quando tornavano a casa si occupavano di ogni cosa : nelle loro case tutto era lindo, pulito ed essenziale.
La classe operaia lavorava con orgoglio: veniva da paesi lontani e da lavori ancora più duri e sempre mal pagati, aspirava a una vita migliore per sè e per i figli e, come dice un operaio nel film, “per poter avere il pane sicuro e vivere senza l’aiuto di papà”.
La bravura di Francesca Comencini è stata quella di proporre e ripercorrere, con grande tenerezza e sensibilità, la storia del movimento operaio, nella vita fuori e dentro la fabbrica, partendo dall’assoluto bisogno del lavoro, fino ad arrivare alla presa di coscienza riguardo lo sfruttamento, l’estraneità, la parcellizzazione e la frustrazione che non permetteva di imparare un mestiere ma di ridursi ad essere solo un “ingranaggio”. Una storia che la regista amaramente chiude, senza peraltro concludere, con la sconfitta degli anni ottanta.
Sono debitrice a Francesca Comencini che attraverso questo film, ci riporta a ricordare con commozione la nostra storia, che è finita solo in parte. Infatti nelle interviste fatte direttamente da Lei, parlano gli operai e le operaie di oggi: le loro parole e i loro volti esprimono la stessa fierezza di un tempo, e tutto questo si sintetizza in quel che dice uno di loro: “lavorare in una fabbrica che sul mercato conta ha un certo peso” .
Con questo film Francesca Comencini ci fa vedere la grandezza di una classe oggi molto poco considerata, classe alla quale io, impiegata, ho sempre invidiato la possibilità e la capacità di creare qualcosa, anche solo un pezzo, che va nel mondo.