Via Castellana Bandiera

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Via Castellana Bandiera un film di Emma Dante

Italia – Svizzera – Francia 2013 – 90’

 

Via Castellana Bandiera, strada periferica di Palermo, stretta fra case fatiscenti e un muro che la separa da un dirupo, è la scena teatralmente cinematografica dell’esordio di Emma Dante, il luogo scelto per lo scontro, il conflitto tra due donne. Per la regista è anche il luogo del riconnettersi con il suo sé, le sue radici, dell’interrogarsi sul suo complesso rapporto con la città, con quello che rappresenta e ha rappresentato, e con le parti profonde, dolorose e inconfessate del rapporto con la madre.

Una lotta epica –  un duello western a detta di molti – non dichiarata per o a nome degli uomini, ma per avere strada, ognuna per avere la propria  e proseguire con ostinazione e determinazione nella direzione scelta, secondo le proprie ragioni.

Una giovane e una anziana, su due macchine, in una calda giornata d’estate palermitana. Da una parte Samira (sublime l’interpretazione di Elena Cotta, Coppa Volpi alla 70° Mostra del Cinema di Venezia), dall’altra Rosa (nella realistica interpretazione della stessa Emma Dante) con la sua compagna Clara (Alba Rohrwacher), nessuna disposta a dare strada, a cedere e a fare retromarcia.

Quello che inizialmente appare come un puntiglio di donne, un’ostinazione facilmente risolvibile con il buon senso, diventa qualcosa di più grande. In gioco c’è ben altro: due volontà, due generazioni  conflìggono, ma non solo.  A farsi la guerra e a mettere in campo tutta la loro forza sono due mondi, sistemi di riferimento e ordini simbolici opposti.

Samira è la mater dolorosa. Colei che a tutto resiste e tutto accetta per amore di una figlia, ormai sepolta, e di un nipote, e che tutto affida ad un genero prepotente e profittatore e  alla sua famiglia vorace e becera, come del resto fanno le altre donne del clan; è la resistente, la combattente in un mondo maschile che fa i suoi affari mentre le donne fanno i figli – maschi e femmine –  li nutrono, li curano e li piangono; è la straniera che ha deciso di andarsene.

Rosa, che da quei luoghi e da quel mondo è fuggita da tempo,  rivoltandosi contro un materno da cui si sente rigettata, e che sulla vecchia rivive intricate proiezioni di un passato dai cui nodi forse non si è ancora sciolta, sta in un presente dove altri sono  i suoi riferimenti, la sua dimensione di libertà, i suoi desideri di donna nella piena espressione della propria sessualità.

Mentre la giornata calda, soffocante e litigiosa,  diventa notte portando silenzio e quiete tra gli abitanti della via, le  due donne, ormai sole, rendono sempre più simbolica la sfida: si osservano negli occhi dai parabrezza delle rispettive macchine, misurano la loro forza e la capacità di mantenere la posizione, in un silenzio di sguardi e di gesti, nonostante la stanchezza segni le loro facce e logori i corpi. In quella contesa sono lì entrambe con tutta la loro vita reggendo una tensione drammaticamente ed emotivamente devastante.

Metafora del conflitto e dell’uso della forza fino ad un esito fatale,  il film, con  un finale sospeso dietro la macchina da presa, chiude su  un’alba dove tutto si è sciolto e risolto e su un vicolo che assume  via via un’altra dimensione diventando un’illusione mentale piuttosto che uno spazio reale.